Ipnosi: approccio terapeutico

– Schema dell’approccio terapeutico in Ipnosi Ipnoanalisi
– Occorre ricordare che ognuno di noi ha dei bisogni psicologici che possono essere stabiliti in base alla nostra cultura:
– il bisogno di essere amato,  rispettato e capito;
– il bisogno di avere il permesso di dare una direzione propria alla vita e di avere la decisione finale, rispetto a se stesso.
– La psicoterapia rispetta il paziente e i suoi bisogni, qualsiasi essi siano, senza critiche né interferenze, se il paziente non lo richiede. Tra terapeuta e paziente si organizza una collaborazione.
– La comunicazione è molto basilare, perciò inizialmente è fondamentale uniformare il linguaggio e il significato delle parole, così da guidare il paziente a riconoscere le proprie emozioni per imparare ad esprimerle ed allenarsi a gestire le proprie reazioni e mantenere la consapevolezza delle proprie azioni.
– Il linguaggio così detto: ipnotico, oggetto di studio e origine della PNL ( programmazione neuro linguistica) è molto efficace nel colloquio medico paziente, perché non è controllato dalla coscienza.
– La psicoterapia lavorando sulle emozioni può aiutare il paziente a riconoscere e gestire anche i suoi sintomi somatici.
– Il compito del terapeuta è di utilizzare il linguaggio per aiutare a gestire i processi di guarigione, senza interpretazioni di quanto ascolta e accertandosi ogni volta che il paziente sia consapevole di quello che vuole dire e che dice.
– L’ipnosi è un processo che mediante il linguaggio consente al soggetto di imparare a rilassarsi fisicamente, e, poiché mente e corpo sono in connessione, questa condizione che il soggetto impara a creare, detta trance, distende anche le tensioni emotive, la mente si calma, insorge un senso di benessere che facilita la consapevolezza delle proprie emozioni, comportamenti, desideri, e con la collaborazione del terapeute il paziente diventa artefice della propria guarigione e riconquista del proprio benessere. Successivamente la persona, quando ha imparato a sviluppare la trance, che è un fenomeno spontaneo, quindi inconscio, può sviluppare la trance anche senza il rilassamento fisico, come avviene negli sportivi, nelle donne gravide al momento del parto, negli artisti da palcoscenico e in tante altre situazioni.

 

 

 

Autismo

Ricerca: L’autismo è diagnosticabile già a sei mesi
– Una ricerca dell’Università di Yale pubblicata sulla rivista Biological Psychiatry ha scoperto che è possibile rilevare i deficit di attenzione a partire dai sei mesi di vita nei bambini che svilupperanno col tempo i disturbi dello spettro autistico.
– I risultati dello studio dimostrano che a sei mesi i neonati che un giorno soffriranno di autismo dedicano meno attenzione alle persone intorno e alle loro attività rispetto ai coetanei che non svilupperanno disturbi dello spettro autistico. I ricercatori hanno cercato la presenza di sintomi prodromici, i primi segni di disturbi dello spettro autistico, nei bimbo di sei mesi d’età .
– I bambini ai quali è stato successivamente diagnosticato l’autismo mostravano già a sei mesi una ridotta capacità di partecipare alle attività sociali proposte dall’esterno. Si tratta della prima ricerca  che dimostrare la presenza dei sintomi prodromici nel primo anno di vita del bambino. I risultati offrono nuovi parametri di riferimento per individuare i bambini più a rischio dei disturbi autistici già dai primi sei mesi.

 

Ansia da prestazione

– Capire e superare l’ansia da prestazione.
– Dietro la difficoltà a realizzare quelli che spesso consideriamo degli obiettivi importanti, può celarsi un problema di ansia di prestazione
– Questo tema, su cui è stato scritto tantissimo, continua ad essere uno della problematiche maggiormente diffuse in chi presenta un comportamento ansioso.
– L’ansia è un meccanismo positivo di attivazione che ci permette di rendere al meglio, nelle situazioni che richiedono una maggiore concentrazione, essa è utile al raggiungimento di un obiettivo, ma se mal gestita può diventare un meccanismo di auto sabotaggio che non ci permette di affrontare in modo adeguato i compiti che ci prefiggiamo.
– L’origine di questo disagio va spesso ricercata nel passato di ogni individuo: una serie di eventi fisici, sociali ed affettivi tendono a creare un insieme di vissuti emotivi-cognitivi e comportamentali che sicuramente giocheranno un ruolo rilevante nelle risposte future che fornirà all’ambiente.
– Vivere forti tensioni, sentirsi minacciati, sperimentarsi più volte vulnerabili di fronte a stimoli simili od aventi lo stesso significato, può portare, in fasi successive, ad attivare gli stessi schemi.
– Inoltre, avere dei genitori con un’elevata ansia, o figure significative particolarmente problematiche dal punto di vista affettivo a cognitivo, possono rappresentare dei modelli che l’individuo tenderà ad imitare, anche se questo potrà portare alla sofferenza o ad un cattivo adattamento ambientale.
– Ciò che differenzia in generale l’ansia da valutazione, da altre forme di ansia è l’importanza data al contesto ambientale ed al concetto di prestazione.
– Il risultato della prova è continuamente percepito in relazione al giudizio dell’altro, un giudizio che per il soggetto con ansia da prestazione deve essere completamente positivo, uscire da questo ideale di perfezione viene vissuto in modo negativo. Una serie di idee irrazionali alimentano questo modello: “devo raggiungere un ideale di perfezione”, “ se non raggiungo la perfezione, non ho successo e per questo sarò emarginato e rifiutato dagli altri”. Questa visione rigida coinvolge tutta la persona, pertanto basta un solo errore per far precipitare la sua autostima, e generare un profondo malessere.
– Le situazioni sociali in cui compare l’ansia da prestazione sono molteplici e possono racchiudere diversi ambiti della nostra vita: scolastico, sportivo, lavorativo, sessuale e relazionale. L’ansia da prestazione scolastica, in genere insorge in seguito a fattori scatenanti in ambito familiare, un lutto, una separazione o un genitore a cui si vuole dimostrare di essere bravo.
– Quando compare possono manifestarsi stati di tensione, irritabilità, insonnia ed altri disturbi che vanno accentuandosi con l’avvicinarsi dell’esame, quest’ansia è alimentata da una visione della persona che attribuisce all’esame un valore molto più alto rispetto a quello reale, credendo che dall’esito di questa prova dipenda non solo l’andamento dell’intero corso di studi ma il suo percorso lavorativo, la sua affermazione sociale, ed addirittura l’idea che genitori, parenti ed amici hanno di lui.
– Questo eccessivo valore dato alla prova induce dei vuoti mentali o una confusione tale da compromettere l’esito dell’esame indipendentemente dalla preparazione. Chi soffre d’ansia d’esame sente che durante l’esame, non viene valutata solo la sua preparazione scolastica, ma anche la sua intelligenza e le sue capacità personali. Egli fa dipendere la sua autostima da un riconoscimento esterno, questo meccanismo è molto simile anche per l’ambito lavorativo e sportivo.
–  Nell’ambito sportivo l’eccessiva importanza data all’esito della performance sportiva viene vissuta in termini di approvazione-disapprovazione. La propria autostima e il proprio valore dipenderanno dal riconoscimento esterno e una cattiva performance può far perdere la stima e l’approvazione delle persone per lui importanti.
– In ambito lavorativo il meccanismo d’ansia da prestazione, può compromettere il rendimento lavorativo. La paura di non essere all’altezza dei compito, il confronto con i colleghi, il bisogno di riconoscimento da parte del capo, e l’eccessiva aspettativa riposta nel lavoro, possono indurre lo uno stato d’ansia che non permette un corretto espletamento dei compiti.
– L’ansia da prestazione in ambito sessuale, colpisce sia uomini che donne, entrambi attribuiscono alla prestazione una forte valenza, il desiderio di essere all’altezza e la paura di deludere l’altro, impediscono di vivere con serenità l’esperienza sessuale, portando come conseguenza un calo del desiderio o una difficoltà nel raggiungere correttamente l’orgasmo. A causa del significato dato al rapporto sessuale i soggetti sono colpiti da uno stato d’ansia cominciano a vivere la sessualità con timore, senza naturalezza, a lungo andare questo stato di tensione può compromettere non solo il rapporto di coppia ma anche il modo in cui ognuno percepisce l’altro sesso.
– In ambito relazionale la tendenza a cercare di far sempre una bella figura davanti agli altri, per essere accettati e riconosciuti, può nascondere la paura di non essere all’altezza e da questo dipenderà la propria autostima. Tanto più sarà importante il riconoscimento sociale, tanto può non averlo genererà malessere e come conseguenza un ritiro sociale per evitare il fallimento.
– Tutti questi ambiti se non trattati adeguatamente possono dare origine a patologie più gravi come attacchi di panico, fobie e ossessioni. Per questo è necessario e consigliabile laddove vi è una corretta diagnosi, prevenire il disagio e trattarlo in modo adeguato. La caratteristica comune è l’eccessiva importanza data alla prestazione e al suo esito, si tratta spesso di un costrutto cognitivo, dovuto a delle idee che hanno le radici nella nostra infanzia, nel sistema sociale e familiare in cui siamo cresciuti.
Attraverso una psicoterapia si può riuscire a dare la giusta importanza alle cose, acquisendo di un diverso modo di pensare e una nuova capacità di rilassarsi eliminando le componenti che disturbano l’equilibrio psichico.
– Si potrà capire e accettare di non dover per forza essere perfetti e che anche nell’imperfezione si può star bene. Riuscire a portare avanti questo processo permetterà di affrontare con meno ansia le situazioni che in passato ci hanno fatto star male, ciò migliorerà il nostro rendimento e ci permetterà di dare la giusta importanza alle esperienze che ci apprestiamo a vivere.