Aggiornamenti articoli

Cervello e Tabagismo

Ai fumatori manca la trpm5 implicata nel riconoscimento dei sapori amari
-Uno studio pubblicato su Pnas ha dimostrato, scientificamente e biologicamente, il legame che intercorre tra la dipendenza da fumo e gli organi di gusto attraverso la scoperta della presenza dei recettori della nicotina nelle papille gustative.
– La scoperta potrebbe aprire la strada a nuovi farmaci anti-fumo da applicare direttamente sulla lingua. Oltre ai recettori della nicotina presenti nel cervello, i ricercatori hanno scoperto un altro ‘percorso’ che contribuisce all’assuefazione al fumo da sigaretta, e cioè quello che attiva un’area cerebrale che, una volta danneggiata, porta istantaneamente alla perdita dell’assuefazione.
– Partendo dall’idea che il gusto sia importante per la dipendenza da tabacco la ricerca si è concentrata sulla mancanza di una proteina nella bocca, la trpm5, implicata nel riconoscimento dei sapori amari, come la nicotina. Infatti gli individui con un’estrema capacità di assaggiare e gustare l’amaro sono più resistenti all’assuefazione da fumo e le lesioni all’insula, l’area del cervello dove risiede la sede del gusto, influiscono su questo processo.
– La nicotina stimola pertanto due diversi sistemi nella bocca, 1- legato alla proteina trpm5, usata anche per riconoscere le sostanze amare, e 2-, apparentemente specifico per la nicotina e indipendente dalla trpm5, che attiva un modello neurale unico nella corteccia cerebrale del gusto.

Psicotraumatologia oncologica

– Psicotraumatologia Oncologica
– Traumi psicologici del paziente oncologico, Trattamenti d’elezione
– Prestazioni specialistiche erogate dal SSN dal 1996
– IPNOSI, IPNOSI per ANALGESIA e IPNOTERAPIA
vedi copia della Gazzetta Ufficiale del SSN.
– Oltre al paziente, il trauma può colpire parenti e amici che condividono la sofferenza del percorso terapeutico e se capita, dell’agonia

  • Trauma psicologico da stress: è detto per una lesione non organica, conseguente ad un evento che, per il forte coinvolgimento emotivo, crea uno sconvolgimento del senso di se, anche a parenti ed amici.
  • Si manifesta inizialmente con una prima fase di shock e un con un corollario di sintomi disturbanti, ad insorgenza più o meno subdola e tardiva, che interferiscono dal benessere della vita quotidiana fino ad invalidarla dal punto di vista emotivo e mentale.
  • Il trauma psicologico oncologico è assimilabile al D. Post Traumatico da Stress PTSD
    Si perde l’integrazione della propria:
    – Identità – Sicurezza – Diritto e capacità di scelte – Responsabilità verso gli altri
    – capacità di programmare e di organizzare
    – Già terrorizza la semplice parola: CANCRO, più ancora di Tumore, per la percentuale di mortalità che si associa.
    – L’insorgenza è insidiosa, può essere asintomatica, non consentendo alla mente di prepararsi ad affrontare l’evento per cui si insinua e pervade un senso di vulnerabilità.
    – Il Trauma psicologico del pz oncologico coinvolge anche parenti e amici. La malattia è percepita come Minaccia per la propria integrità, per la propria vita, genera un senso di Impotenza, di insicurezza, paura di soffrire, di paura dell’invalidità, compromette il valore di stabilità.
    – Caratteristica del Trauma Psicologico è insorgenza improvvisa, inaspettata. Il trauma sorge già alla richiesta di accertamenti e continua,secondo la resilienza del soggetto, nella diagnosi, negli interventi terapeutici, nelle diverse fasi dell’assistenza.
    – Resilienza è un termine riferito, dal punta di vista fisico, ai metalli, e viene usato in medicina per descrivere la capacità del soggetto di riprendersi da una grave minaccia alla sua integrità.
    – Il trauma si rinnova negli accertamenti: richiesta di impegnativa, appuntamento, attesa, esame, attesa di referti, e ovviamente continua con l’intervento, la terapia, i controlli, il risultato e la prognosi!
    Spesso si vive il conflitto di voler sapere la verità e di temerla tanto da non volerla sapere!
    – Le reazioni psicologiche alla diagnosi possono essere di incredulità, disperazione, depressione, per timore di recidive, di menomazione fisica, di invalidità, di dolore, di dipendenza dagli altri, di distacco dal lavoro, oltre gli effetti anche fisici della chemioterapia.
    – Per quanto riguarda il dolore, l’Ipnosi è la terapia elettiva perche favorisce dosaggi minimi di farmaci antalgici, intervenendo utilmente durante la malattia e soprattutto in fase terminale, nella analegesia ipnotica, mentre l’EMDR favorisce il recupero delle capacità di coping e l’elaborazione del trauma.
    – L’ipnosi, ricordiamo, è stata sempre usata per analgesia prima dell’utilizzo di anestetici naturali e chimici.

Esercizio abusivo della professione e Plagio

Esercizio abusivo di una professione CP art 348
– Nello specifico, l’attività sanitaria è quella che si realizza nella diagnosi di una alterazione organica o di un disturbo funzionale, sia del corpo sia della mente, nella individuazione dei necessari rimedi e nella somministrazione degli stessi effettuato direttamente dal medico.
Il Codice Deontologico Sanitario nell’art. 93 recita:
– È vietato al medico di favorire in qualsiasi modo chi esercita abusivamente un’attività sanitaria, ivi compresa l’ipnoterapia.
-È suo preciso dovere denunciare eventuali abusi all’Ordine Professionale o all’Autorità competente
– Il primo codice penale quando nacque la nazione italiana fu il codice Zanardelli del 1889 che enunciava 3 delitti di plagio nell’art. 144
– civile
-politico
-letterario
ma l’8 giugno del 1981  tale delitto di Plagio fu abolito  dalla Corte Costituzionale  con sentenza 8.6.81 N° 96, dichiarando la illegittimità della norma che configurava il delitto di plagio  e rilevando un contrasto tra l’art. 603 c.p. e l’art. 25  della Costituzione che nel 50ennio di vita del cod. Rocco non ha trovato frequenti occasioni di applicazione, in quanto:
– la partecipazione del soggetto è imprescindibile, è quindi proprio per questo che in ipnositerapia la collaborazione del paziente è assolutamente necessaria  per determinarne l’esito terapeutico.
– Come scientificamente dimostrato infatti:
– L’ipnosi non può modificare i principi morali del soggetto
– L’ipnosi non può modificare la scala dei valori del soggetto
Inoltre nel CP ci sono altri articoli che definiscono reati che in passato sono stati attribuiti al Plagio:
– Truffa
– Abuso di credulità popolare
– Circonvenzione d’incapace

 

Psicologia: domande da porsi -1

Psicologia della vita quotidiana: domande da porsi – 1
– Che desideri stai frenando a causa di competenze che ti mancano?
– In quali campi si sente ?
– Guardandosi indietro, cosa le piacerebbe tentare, adesso?
– Quali progetti, idee o ambizione ha frenato perché non si considerava all’altezza?
– Guardando avanti, cosa Le darebbe soddisfazione?
– Cosa vorrebbe dire di aver fatto, tra 10 anni?
– Di cosa si pentirebbe di non aver fatto, provato, se dovesse pensare di morire senza aver fatto qualcosa a cui tiene? Cosa in particolare?
– Cosa vorrebbe poter dire di aver fatto di buono, la prossima settimana?
– Faccia un elenco di idee o di progetti, anche ambiziosi, che le darebbero gratificazione, sogni ad occhi aperti per un po’!
– Se dovesse pensare ad una Sua giornata ideale, come sarebbe?
– In un anno ideale, cosa farebbe?
– Quanto è lontano, adesso, da… : sentirsi bene, sentirsi felice, sentirsi gratificato, sentirsi fiero di sé, aver raggiunto i propri obiettivi? e perché?

Essere genitori – 1

INSEGNARE  AD ESPRIMERE LE EMOZIONI
– Ogni genitore nel cercare di crescere al meglio il suo bambino segue il proprio manuale del bravo genitore, manuale che nasce e si struttura dalla sua storia, dal ricordo, inconscio o conscio, della propria esperienza dell’essere stato figlio e dalle vicissitudini, piacevoli e non, che la vita gli pone davanti.
– Troppo spesso tuttavia viene omesso o attribuita secondaria importanza ad un aspetto fondamentale: insegnare al figlio a gestire ed esprimere le emozioni.
– Generalmente, guardando un bambino, colpisce la sua spontaneità nel sorridere, piangere o rattristarsi quando qualcosa non va. Ma quella che percepiamo come una capacità innata, è frutto di un apprendimento che si impara nella relazione con le figure significative, in particolare con il papà e con la mamma.
– Inconsapevolmente i genitori potrebbero proiettare sul bambino le proprie emozioni e visioni del mondo, ponendo le basi di una relazione dove si possono esprimere e mostrare solo alcuni sentimenti ed emozioni, quelle piacevoli. Il bambino impara così ad affrontare da solo le emozioni più dolorose e difficili, senza chiedere aiuto al genitore, educatore che dovrebbe essere il protagonista attivo nella sua vita. Il piccolo arriva a questa soluzione dopo tentativi falliti di aprirsi con l’adulto, forse perché ha percepito nel suo contesto di vita persone emotivamente cieche, o forse perché queste persone erano come imprigionate nelle vicissitudini del presente o del passato che faticavano a percepire i bisogni emotivi del figlio, o forse perché voleva proteggere queste persone dal timore di farle caricare di un peso eccessivo.
– Ma per quanto un bambino tenti di contenere o ignorare dentro di sé queste emozioni mostrandosi allegro, felice e simpatico, il suo mondo interiore si popola di emozioni che con il tempo possono diventare più grandi e più forti, che possono infondere una sensazione di solitudine e irrompere nella quotidianità attraverso comportamenti disfunzionali che apparentemente possono sembrare inspiegabili.
– Dunque, ogni genitore ha il dovere di stimolare il bambino ad esprimere le proprie emozioni, allenandosi prima con sé stesso, e poi cercando di insegnare questa competenza.
– Ma allenarsi non è affatto semplice, poiché comporta mettere in discussione ogni parte di sé, del presente e del passato, tirando fuori anche emozioni che sono rimaste imprigionate in noi per anni. E solo quando ci sentiamo emotivamente pronti possiamo accostarci a nostro figlio con empatia, tentando di fargli esprimere il suo mondo interiore, attraverso le parole, le domande, i disegni, il gioco. Il bambino percepisce la nostra emotività e solo una relazione basata sulla fiducia, accoglienza ed empatia può permettergli di superare i suoi timori ed esprimere le emozioni che tiene nascoste dentro di lui.

 

Comunicazione nelle aziende 3: Leadership

Il leader del gruppo
– è capace di determinare consensi volontari tra i membri, motivazione soggettive negli obiettivi. Nella grandi aziende possono coesistere più leader con mansioni diverse, in quanto essere leader implica interazione con il gruppo . Deve possedere  competenze e comportamento adattabile, perseverante, cooperativo e avere fiducia e spirito di iniziativa. Il Leader vigila e favorisce che emergano le individuali capacità senza che qualcuno sminuisca quelle degli altri. Leader è colui che sa mettersi in discussione ed è elastico in cambiare direzione se la strategia intrapresa si dimostra inefficace.
Stili di leadership
– autocratico: parziale distacco dal gruppo,
– democratico: ogni membro partecipa ad attività e decisioni, non vengono inibiti i contatti tra i membri,
– permissivo:  lascia  che il gruppo sia libero ed autonomo nelle attività
– supportivo: il leader ascolta, incoraggia, favorisce il coinvolgimento, aiuta la coesione del gruppo e sostiene individualmente
– direttivo: orientato alla produttività: spiega cosa, come, quando operare.
Strategie comportamentali
– Auto obbiettivi: aiutare i membri a definire gli obiettivi (concreti, misurabili e compatibile con la realtà  degli altri) in maniera autonoma
– stimolante: indica  la direzione dell’azione,
– prove generali: creare sperimentazioni, esercitazioni prima dell’evento importante (nuovo cliente, ecc)
– auto osservazione: revisione degli elementi o circostanze che hanno portato al risultato ( successo o  insuccesso).
Strategie cognitive
– ricompensa improvvisa, non programmata, aumenta la motivazione e la percezione soggettiva di competenza, autocontrollo e rilevanza personale
– creare  rappresentazioni mentali positive e di sfide future
– aiutare la consapevolezza dei pensieri negativi  e trasformarli in positivi,
– fornire supporto psicologico per la comunicazione aziendale e la consapevolezza delle  reazioni emotive e  comportamentali caratteriali, che indubbiamente rendono difficile le relazioni professionali nel gruppo.
Gestione dei conflitti
il conflitto costituisce un elemento delicato nel portare avanti il lavoro di gruppo o individuale, si creano a seguito di:
– malinteso: scarsa efficacia dei processi comunicativi
– divergenza di opinioni: sono soluzioni o punti di vista divergenti in su un evento, l’accordo sarà irraggiungibile
– incompatibilità caratteriale: attitudine alla sopraffazione o alla polemica, scarsa o nulla cooperazione tendenza ad evitare o allentare le tensioni che si creano, intolleranza
– confusione tra conflitto e disaccordo:
– Disaccordo  è una divergenza di opinione che il Leader dovrebbe risolvere. La discussione può portare ad uno scontro di opinioni che può interrompere il lavoro del gruppo, facendolo sentire minacciato.
Conflitto, se non adeguatamente affrontato, può indebolire lo spirito di squadre e la forza di coesione, ma  il Leader può utilizzarlo per mettere in discussione il lavoro del gruppo e può trasformare il gruppo in una unità altamente funzionante, comprendendo se potrebbe essere  costruttivo o distruttivo per il gruppo.
– il conflitto  può esitare:
-in cambiamento e crescita personale dei membri
-in soluzione del problema – alla quale partecipano tutti i membri del gruppo
– in sviluppo della maggior cooperazione e unità tra i membri
– o portare  conseguenze come:
– permanenza del problema,
– ostacolo ad altre attività del gruppo
–  indebolimento  della fiducia nel lavoro di gruppo, scioglimento della squadra.
Approccio alla soluzione dei conflitti all’interno del gruppo:
– rispetto delle opinioni e delle percezioni  dei soggetti coinvolti
– controllo delle reazioni emozionali e comportamentali personali
– evitare di coinvolgere gli altri nella propria frustrazione o rabbia
– capacità di comunicazione: una cattiva comunicazione, che spesso è la causa di disaccordo, porta a esiti disfunzionali all’interno del gruppo
– capacità di ascolto, senza mantenimento del pensiero sulla propria idea,  può aiutare a raggiungere un  compromesso, evitando la fuga dal conflitto,
– il feedback, la considerazione delle risposte alla propria comunicazione,  aiuta le parti interessate alla  risoluzione del conflitto o alla negoziazione.

Comunicazione nelle aziende 2: Gruppo

Gruppo
– È formato da persone che condividono un obiettivo finale, anche con ruoli indipendenti e autonomi.
– L’uomo è un essere sociale, fin dalla nascita interagisce con l’ambiente, quindi fondamentalmente è un essere socievole.
– L’appartenenza ad un gruppo comporta senso di protezione e sicurezza reciproca, condivisione, identificazione di appartenenza in una comunità che tende ad isolare il singolo, quindi aumenta la stima di sé e il sentimento di accettazione che lega il gruppo.
– Un proverbio cinese dice:  nessuno di noi è intelligente come tutti noi insieme, per contro  l’appartenenza ad un gruppo può mobilitare le dinamiche soggettive inconsce che sono all’origine del senso di minaccia e di sopraffazione, che possono essere percepite, all’interno del gruppo, come timore che la propria identità e individualità possa, in qualche modo, perdersi all’interno del gruppo.
– Nel gruppo si possono sviluppare difese e resistenze, per il malinteso senso di perdita di qualcosa di se, senza la visione del vantaggio che il singolo riceve.
– Trovare un equilibrio tra queste due esigenze, che non sono in fondo contrastanti ma complementari una all’altra, oltre a sviluppare un sano e forte senso di appartenenza, consegue un aumento di benessere, quindi il gruppo è una struttura dinamica  tra i bisogni individuali e la realtà oggettiva, che essendo una realtà sociale è caratterizzata da norme, regole, ruoli.
– La formazione e il mantenimento di un Gruppo quindi, comporta l’attivazione di dinamiche più o meno consce, spesso complesse da gestire.
Difese
– accoppiamento o individualismo a scapito della collaborazione e l’intento di intesa
– fuga nel passato, quando si focalizza l’attenzione a episodi, anziché alla possibilità presente,   quando un membro discute su argomenti che non riguardano il gruppo , fantasie anticipatorie,
– confusione di ruolo, la tendenza di qualcuno a condurre il gruppo senza esplicita richiesta
– provocazione protettiva, richiesta continua di aiuto per bloccare lo sviluppo del gruppo
– formazione di sottogruppi, presenza di conflitto tra sottogruppi identificabili
– personalizzazione dei conflitti, decisione di trattare i conflitti personali separatamente dal gruppo
– rallentamento  del processo di formazione all’interno e mantenimento dell’equilibrio nel gruppo
– silenzio , autoesclusione
– improvvise confidenze
– risonanza: tendenza a seguire i problemi di qualcun altro
– transfer: trasferimento sul gruppo di esperienze precedenti o estranee.
Fenomeni del gruppo
– i membri si rispecchiano l’un l’altro
– il gruppo si esprime con il Noi
– i membri espongono e reagiscono alle associazioni mentali del gruppo
– è irrilevante chi è che propone qualcosa mentre è fondamentale il contenuto proposto
– feedback
– l’equilibrio interno del gruppo viene considerata una conquista da preservare
– la tendenza a trovare un capro espiatorio, se tale tendenza diminuisce, dissipa
– il rischio di mobbing
– accettazione delle differenze, delle diversità e ricerca della coesione
Esistono diversi tipi di gruppo:
– secondo funzioni, coordinate a un unico obiettivo lavorativo
– secondo visione del mondo: animalisti, volontari, mission
– gruppo autogestito: i membri hanno ruoli stabiliti, le decisioni si basano sul consenso, le competenze riguardano l’obiettivo, il leader è scelto dal gruppo. Es associazioni sociali Lions, Rotary
– gruppo a progetto, i membri  hanno competenze specifiche ed interdisciplinari anche se provengono da altri gruppi di lavoro. Il leader è indicato dalla direzione
– gruppo problem solving, si costituisce per la risoluzione di questioni specifiche, quindi è considerato un gruppo temporaneo. Il leader è scelto o assegnato esternamente.
– Nel gruppo occorre occuparsi dei propri compiti e di quelli altrui, quando il risultato è conseguente a suddivisioni del processo operativo,ogni menbro è coinvolto nel fornire informazioni quando vengono richieste, chiarire, riassumere, valutare e occuparsi del  processo generale anche se si è coinvolti solo parzialmente , rispettare i bisogni emotivi degli altri: dare supporto, incoraggiamento, mediare, stimolare  e di sollecitare altri punti di vista.
Fasi di formazione del gruppo
forming: definizione dei ruoli  individuali o complementari dei  membri, degli obiettivi comuni, dei ruoli assegnati per ognuno e delle attività da eseguire
– storming: è la fase di conflitti tra i membri, (dovuti a dinamiche di resistenza al gruppo che poi si trasformeranno in accettazione e condivisione del gruppo, caratterizzato dalla fiducia reciproca)
– norming: la stabilizzazione del gruppo dove ogni membro è pronto a chiedere e a dare aiuto
– performing: fase di produttività del gruppo
– Nel  gruppo di lavoro le persone sono differenti per competenze e personalità ma i membri imparano a completarsi a vicenda per il bene comune del gruppo.
– Nel gruppo è importante che ogni membro senta di essere importante per il raggiungimento di un obiettivo
Nella definizione dei ruoli, va considerato:
– il livello di abilità tecnica
– il livello di abilità nei rapporti interpersonali
– I ruoli possono essere definiti in base alle caratteristiche personali, competenze, capacità di concentrarsi sull’obiettivo,  sui rapporti interpersonali all’interno del gruppo.
– Il lavoro di squadra può essere visto in 4 fasi in cui vengono assegnati 2 ruoli secondo i seguente schema:
1-  fase: Iniziazione
– Il realizzatore: trasforma i progetti in piani concreti di lavoro, possiede capacità organizzative, senso pratico, insensibilità,  idee non sperimentate
– coordinatore: controlla come il gruppo si muove verso gli obiettivi, accoglie qualsiasi contributo senza pregiudizio, è fortemente orientato agli obiettivi
2 – fase Ideazione
– Il modellatore: guida gli sforzi del gruppo,  affronta l’inerzia e l’inefficacia
ideatore: suggerisce nuove idee, non accetta interferenze
3- Elaborazione
L’esaminatore delle risorse: esplora le idee e le riferisce, crea contatti esterni utili, è capace di rispondere alle sfide
Il valutatore: analizza i problemi, valuta le idee e le proposte più efficaci per il gruppo, sa motivare gli altri
4- fase Conclusione
– Il collaboratore: incoraggia lo spirito di squadra, è capace di affrontare e rispondere a persone e situazioni
– L’integratore: mantiene il senso di urgenze nella squadra, è perfezionista e tenace.

 

Comunicazione nelle aziende – 1

Comunicazione nel lavoro aziendale.
– Negli anni 20 Harthorne studia il fenomeno di aggregazione e costituzione del gruppo nel lavoro, con una serie di ricerche su gruppi di lavoratori .
– Gli studi evidenziarono che l’interazione  tra lavoratori aumentava anche il senso di identità di gruppo e di coesione e sostegno sociale. Negli  anni ’30 nasce la psicologia del lavoro e si iniziarono a definire alcuni elementi essenziali nel funzionamento di un buon gruppo di lavoro.
– il responsabile:
– deve avere interesse personale nella realizzazione di ciascun individuo
– deve essere orgoglioso del risultato del gruppo
– deve aiutare il gruppo a lavorare insieme
– deve continuamente dare feedback sule prestazioni
– il gruppo:
deve essere orgoglioso dei propri risultati e dell’interessamento degli esterni
– non deve percepire di essere stato spinto a cambiare
– va sempre consultato prima di apportare modifiche
– deve sviluppare un senso di fiducia
– Il gruppo va formato quando è necessario che le persone lavorino insieme in uno sforzo coordinato per ottenere uno specifico risultato, il gruppo deve diventare efficace ed efficiente.
– Efficace: definire obiettivi e strategie  e priorità con precisione
– Efficiente: svolgere con velocità e precisione le attività quotidiane e rispondere ad eventuali ostacoli o imprevisti in maniera adeguata. E’ fondamentale acquisire alcune abilità di base che servono per concentrarsi sul presente al fine di ottimizzare tempi ed energia.
Dal punto di vista dell’efficacia:
– il team deve essere allineato sull’obiettivo a lungo termine, obiettivo specifico e misurabile e rappresenta un fattore importantissimo per motivare il team.  L’obiettivo deve essere concreto e raggiungibile dalle risorse a disposizione in termini di competenze, mezzi, persone.
– Il team deve essere ben bilanciato con ruoli definiti: ogni componente deve sapere senza ambiguità cosa è chiamato a fare e di cosa è responsabile. I ruoli devono essere conosciuti e riconosciuti, così che ogni membro si senta valorizzato e spinto a conservare la propria individualità e il riconoscimento dei diversi ruoli è percepito come necessario e indispensabile. La coesione e lo spirito di squadra consente al gruppo di lavorare come una unica entità condividendo obiettivi a lungo termine, sostegno reciproco, senso di appartenenza. E’ importante imparare ad affrontare discussioni e conflitti per cui è importante mantenere un clima sereno e rilassato, amichevole, che tenga su il morale all’interno della squadra affinché non si scoraggi di fronte al mancato raggiungimento di obiettivi intermedi e questo si ottiene mediante riunioni. Schema di base delle riunioni: definizione del contratto di lavoro, identificazione dei turni di parola, definizione dei tempi e ordine del giorno, argomenti e materiale da distribuire, presentazione dell’obiettivo, proposta e punto della situazione. Quello che conta è che ogni membro del gruppo abbia chiaro l’obiettivo della riunione.
– Il metodo di lavoro rappresenta l’insieme di norme che regolano la vita all’interno del gruppo e l’insieme di procedure ed aree per lo sviluppo del percorso produttivo. Definire in anticipo lo stile con cui si vuole condurre il gruppo.
Dal punto di vista dell’efficienza:
– Il gruppo deve avere tecniche di gestione dei conflitti e adeguata comunicazione inter relazionale, tutti i membri devono mirare al raggiungimento dell’obiettivo; ne scaturisce: determinazione, contributo, dare il meglio  di sé.
– Secondo Goleman ( studioso della Intelligenza Emotiva) i membri devono avere i seguenti requisiti:
– sapere imparare sul lavoro
– saper ascoltare e comunicare con consapevolezza ed empatia
– adattarsi e reagire in modo creativo a insuccessi e ostacoli
– possedere controllo di sé, fiducia e motivazione
– sentirsi auto gratificati per i risultati raggiunti
– essere efficaci nelle relazioni interpersonali ed abili, in caso di disaccordo, nel saper negoziare senza coinvolgere la propria persona nel risultato
– saper organizzare e desiderare di dare il proprio contributo e di sviluppare le potenzialità per assumere più responsabilità nel settore.
– Un  gruppo affiatato passa dalla logica centrata sul singolo  a una logica comune e condivisa per  realizzare l’obiettivo.

 

Codificazione del cervello

IL CERVELLO CODIFICA DUE DIVERSI TIPI DI PAURA-
Il cervello umano ha ben due ‘centri della paura’, e distingue due tipi di sensazioni paurose: quella scatenata da stimoli visivi e acustici esterni, e il panico, una paura molto più intensa e primitiva che fa capo ad aree neurali distinte. Resa nota sulla rivista Nature Neuroscience, la scoperta si deve a John Wemmie della University of Lowa.
– L’area cerebrale della paura è da anni collegata all’amigdala, che si attiva in risposta a stimoli esterni e prontamente manda il segnale di allarme ad altre aree neurali che preparano il corpo a reagire, di solito con la fuga o con l’attacco.
– Tante patologie sono legate a disfunzioni dei meccanismi ‘salvavita’ della paura: ad esempio la sindrome da stress post-traumatico, in cui è come se il pulsante della paura fosse sempre ‘on’, anche quando non c’è nulla da temere, oppure gli attacchi di panico. In questo caso, gli esperti hanno studiato ‘SM’, la donna senza paura (da anni protagonista delle loro ricerche) e altri pazienti simili: SM e altri pazienti hanno un danno all’amigdala e quindi non provano paura. Eppure quando i ricercatori hanno fatto respirare loro un mix contenente CO2, una immediata sensazione di panico è insorta.
– SM ha provato paura per la prima volta e gli esperti hanno scoperto che quelle sensazioni di panico scatenate nella donna venivano dal profondo del cervello, da zone come il tronco encefalico. Lo stesso test del gas è stato ripetuto su 12 soggetti sani, ma solo tre di loro hanno provato analoghe sensazioni di panico.
– I neurologi hanno dunque dedotto che c’è una paura più profonda e intensa dettata da stimoli interni, e l’amigdala potrebbe sopprimere questa paura primitiva nei soggetti sani.