Psicologia del lavoro

Psicologia nel lavoro

 

Negli anni 20 Harthorne studia, con una serie di ricerche su gruppi di lavoratori, il fenomeno di aggregazione e costituzione del gruppo.

Gli studi evidenziarono che l’interazione  tra lavoratori aumentava anche il senso di identità di gruppo e di coesione e sostegno sociale. Negli  anni 30 nasce la psicologia del lavoro e si inizio a definire alcuni elementi essenziali nel funzionamento di un buon gruppo di lavoro

– il responsabile

deve avere interesse personale nella realizzazione di ciascun individuo

deve essere orgoglioso del risultato del gruppo

deve aiutare il gruppo a lavorare insieme

deve continuamente dare feedback sule prestazioni

– il gruppo

deve essere orgoglioso dei propri risultati e dell’interessamento degli esterni

non deve percepire di essere stato spinto a cambiare

va sempre consultato prima di apportare modifiche

deve sviluppare un senso di fiducia

Il gruppo va formato quando è necessario che le persone lavorino insieme in uno sforzo coordinato per ottenere uno specifico risultato, il gruppo deve diventare efficace ed efficiente

Efficace: definire obiettivi e strategie  e priorità con precisione diventare

Efficiente: svolgere con velocità e precisione le attività quotidiane e rispondere ad eventuali ostacoli o imprevisti in maniera adeguata; é fondamentale acquisire alcune abilità di base che servono per concentrarsi sul presente al fine di ottimizzare tempi ed energia

Dal punto di vista dell’efficacia

il team deve essere allineato sull’obiettivo a lungo termine, obiettivo specifico e misurabile e rappresenta un fattore importantissimo per motivare il team.  L’obiettivo deve essere concreto e raggiungibile dalle risorse a disposizione in termini di competenze, mezzi, persone

Il team deve essere ben bilanciato con ruoli definiti: ogni componente deve sapere senza ambiguità cosa è chiamato a fare e di cosa è responsabile. I ruoli devono essere conosciuti e riconosciuti, così che ogni membro si senta valorizzato e spinto a conservare la propria individualità e il riconoscimento dei diversi ruoli è percepito come necessario e indispensabile. La coesione e lo spirito di squadra consente al gruppo di lavorare come una unica entità condividendo obiettivi a lungo termine, sostegno reciproco, senso di appartenenza; é importante imparare ad affrontare discussioni e conflitti per cui è importante mantenere un clima sereno e rilassato, amichevole, che tenga su il morale all’interno della squadra affinché non si scoraggi di fronte al mancato raggiungimento di obiettivi intermedi e questo si ottiene mediante riunioni. Schema di base delle riunioni: definizione del contratto di lavoro, identificazione dei turni di parola, definizione dei tempi e ordine del giorno, argomenti e materiale da distribuire, presentazione dell’obiettivo, proposta e punto della situazione. Quello che conta è che ogni membro del gruppo abbia chiaro l’obiettivo della riunione.

il metodo di lavoro rappresenta l’insieme di norme che regolano la vita al’interno del gruppo e l’insieme di procedure ed aree per lo sviluppo del percorso produttivo. Definire in anticipo lo stile con cui si vuole condurre il gruppo.

Dal punto di vista dell’efficienza

il gruppo deve avere tecniche di gestione dei conflitti e adeguata comunicazione interrelazionale, tutti i membri devono mirare al raggiungimento dell’obiettivo, ne scaturisce : determinazione, contributo, dare il meglio di se.

Secondo Goleman ( studioso della Intelligenza Emotiva) i membri devono avere i seguenti requisiti:

-sapere imparare sul lavoro

saper ascoltare e comunicare con consapevolezza ed empatia

adattarsi e reagire in modo creativo a insuccessi e ostacoli

possedere controllo di sé, fiducia e motivazione

sentirsi auto gratificato per l’orgoglio dei risultati raggiunti

essere efficace nelle relazioni interpersonali ed abili, in caso di disaccordo, nel saper negoziare senza identificare la propria persona nel risultato

saper organizzare e desiderare di dare il proprio contributo e di sviluppare le potenzialità per assumere più responsabilità nel settore

Un  gruppo affiatato passa dalla logica centrata sul singolo  una logica comune e condivisa per  realizzare l’obiettivo

Gruppo

persone che condividono un obiettivo finale, anche con ruoli indipendenti e autonomi

l’uomo è un essere sociale: fin dalla nascita interagisce con l’ambiente, quindi fondamentalmente è un essere sociale

l’appartenenza ad un gruppo comporta senso di protezione e sicurezza reciproca, condivisione, identificazione di appartenenza in una comunità che tende ad isolare il singolo, quindi aumenta la stima di sé, il sentimento di accettazione che lega il gruppo

un proverbio cinese dice:  nessuno di noi è intelligente come tutti noi insieme

per contro l’appartenenza ad un gruppo può mobilitare le dinamiche soggettive inconsce che sono all’origine del senso di minaccia di sopraffazione, che può essere percepito al’interno del gruppo legato al timore che la propria identità e individualità possa in qualche modo perdersi all’interno del gruppo

trovare un equilibrio tra queste due esigenze, che non sono in fondo contrastanti ma complementari una all’altra, oltre a sviluppare un sano e forte senso di appartenenza, consegue un aumento di benessere

Nel gruppo si possono sviluppare difese e resistenze, per il malinteso senso di perdita di qualcosa di sé, senza la visione del vantaggio che il singolo riceve

quindi il gruppo è una struttura dinamica  tra i bisogni individuali e la realtà oggettiva, che essendo una realtà sociale è caratterizzata da norme, regole, ruoli

la formazione e il mantenimento di un Gruppo quindi, comporta l’attivazione di dinamiche più o meno consce, spesso complesse da gestire

difese

accoppiamento o individualismo a scapito della collaborazione e l’intento di intesa

fuga nel passato, quando si focalizza l’attenzione a vissuti anziché alla possibilità presenti

all’esterno, quando un membro discute su argomenti che non riguardano il gruppo

in avanti, fantasie anticipatorie che la visione obiettiva delle necessità attuali

confusione di ruolo, la tendenza di qualcuno a condurre il gruppo senza esplicita richiesta

provocazione protettiva, richiesta continua di aiuto per bloccare lo sviluppo del gruppo

formazione di sottogruppi, presenza di conflitto tra sottogruppi identificabili

personalizzazione dei conflitti, decisione di trattare i conflitti personali separatamente dal gruppo

rallentamento all’interno del processo di formazione e mantenimento dell’equilibrio nel gruppo

silenzio

improvvise confidenze

risonanza: tendenza a seguire i problemi di qualcun altro

transfer: trasferimento sul gruppo di esperienze precedenti

–fenomeni del gruppo

i membri si rispecchiano l’un l’altro

il gruppo si esprime con il Noi

i membri espongono e reagiscono alle associazioni mentali del gruppo

è irrilevante chi è che propone qualcosa mentre è fondamentale il contenuto proposto

feedback,

l’equilibrio interno del gruppo viene considerata una conquista da preservare

la tendenza a trovare un capro espiatorio

se tale tendenza diminuisce, dissipa  il rischio di mobbing

accettazione delle differenze, delle diversità e ricerca della coesione

esistono diversi tipi di gruppo:

secondo le funzioni, coordinate a un unico obiettivo lavorativo

secondo visione del mondo: animalisti, volontari, mission

 

vari tipi di gruppi

Gruppo autogestito i membri hanno ruoli stabiliti, le decisioni si basano sul consenso, le competenze riguardano l’obiettivo, il leader è scelto dal gruppo. Es. associazioni sociali Lyons, Rotary

gruppo a progetto, i membri  hanno competenze specifiche ed interdisciplinari anche se provengono da altri gruppi di lavoro. Il leader è indicato dalla direzione

gruppo problem solving, si costituisce per la risoluzione di una questione specifica, quindi è considerato un gruppo temporaneo. il leader è scelto o assegnato esternamente

Nel gruppo occorre occuparsi dei compiti: fornire informazioni quando vengono richieste, chiarire, riassumere, valutare il consenso

e occuparsi del  processo:  cioè i bisogni emotivi (dare supporto, incoraggiamento, mediare, stimolare) e di sollecitare altri punti di vista

fasi di formazione del gruppo

forming: definizione dei  membri, degli obiettivi comuni, dei ruoli assegnati per ognuno e delle attività da eseguire

storming: è la fase di conflitti tra i membri, (dovute a dinamiche di resistenza al gruppo che poi si trasformeranno in accettazione e condivisione del gruppo, caratterizzato dalla fiducia reciproca

norming: la stabilizzazione del gruppo dove ogni membro è pronto a chiedere e a dare aiuto

performing: fase di produttività del gruppo

Nel  gruppo di lavoro le persone sono differenti per competenze e personalità ma i membri imparano a completarsi a vicenda per il bene comune del gruppo. Se però il gruppo è troppo omogeneo si può  rischiare mancanza di creatività.

Nel gruppo è importante che ogni membro senta di essere importante per il raggiungimento di un obiettivo

Nella definizione dei ruoli, va considerato :

il livello di abilità tecnica e

il livello di abilità nei rapporti interpersonali

i ruoli possono essere definiti in base alle caratteristiche personali, competenze, capacità di concentrarsi sull’obiettivo, altri sui rapporti interpersonali all’interno del gruppo

Il lavoro di squadra può essere visto in 4 fasi in cui vengono assegnati 2 ruoli secondo i seguente schema:

1 fase: Iniziazione

realizzatore: trasforma i progetti in piani concreti di lavoro – possiede capacità organizzative- senso pratico – insensibilità-  idee non sperimentate

coordinatore: controlla come il gruppo si muove verso gli obiettivi – accoglie qualsiasi contributo senza pregiudizio- è fortemente orientato agli obiettivi

2 fase Ideazione

modellatore: guida gli sforzi del gruppo – affronta l’inerzia e l’inefficacia

ideatore: suggerisce nuove idee – non accetta interferenze

3 Elaborazione

esaminatore delle risorse: esplora le idee e le riferisce – crea contatti esterni utili – è capace di rispondere alle sfide

valutatore: analizza i problemi – valuta le idee e le proposte più efficaci per il gruppo – sa motivare gli altri

4-fase Conclusione

collaboratore: incoraggia lo spirito di squadra- è capace di affrontare e rispondere a persone e situazioni

integratore: mantiene il senso di urgenze nella squadra – è perfezionista e tenace

 

 

Il leader del gruppo

è capace di determinare consensi volontari tra i membri, motivazione soggettive negli obiettivi, ma possono coesistere più leader con mansioni diverse, in quanto essere leader implica interazione con il gruppo, è un processo, non identificativo di una persona. Deve possedere tratti di personalità, competenze, comportamento adattabile, perseverante, cooperativo e avere fiducia e spirito di iniziativa. il Leader vigila che emergano le individuali capacità senza che qualcuno sminuisca quella degli altri. Leader è colui che sa mettersi in discussione ed è elastico in cambiare direzione se la strategia intrapresa si dimostra inefficace

 

 

 

Stili di leadership

autocratico: parziale distacco dal gruppo, sebbene permetta di organizzare e dirigere il lavoro

democratico: ogni membro partecipa ad attività e decisioni, non vengono inibiti i contatti tra i membri,

permissivo:  lascia  che il gruppo sia libero ed autonomo nelle attività

supportivo: il leader ascolta, incoraggia, favorisce il coinvolgimento, un leader troppo teso alla relazione interpersonale potrebbe perdere di vista l’obiettivo finale

direttivo: orientato alla produttività: spiega cosa, come, quando operare

Strategie comportamentali

auto obiettivi: aiutare i membri a definire gli obiettivi (concreti, misurabili e compatibili con la realtà degli altri) in maniera autonoma

stimoli: ad indicare la direzione dell’azione

prove generali: creare sperimentazioni, esercitazioni prima dell’evento importante (nuovo cliente, ecc)

auto osservazione: revisione degli elementi o circostanze che hanno portato al risultato (successo o insuccesso)

Strategie cognitive

ricompensa improvvisa, non programmata, aumenta la motivazione e la percezione personale di competenza, autocontrollo e rilevanza personale

creare  rappresentazioni mentali positive e sfide future

aiutare la consapevolezza dei pensieri negativi  e trasformarli in positivi

Gestione dei conflitti

il conflitto costituisce un elemento delicato nel portare avanti il lavoro di gruppo, si creano per:

malinteso: scarsa efficacia dei processi comunicativi

divergenza di opinioni: sono soluzioni o punti di vista divergenti in su un evento, l’accordo sembra irraggiungibile

incompatibilità caratteriale: scarsa o nulla cooperazione per le tensioni che si creano e per la reciproca intolleranza

Il disaccordo è diverso dal conflitto:

Disaccordo  può portare a uno scontro di opinioni che può interrompere il lavoro del gruppo che può  venirne minacciato mentre il

Conflitto, se non adeguatamente affrontato, può indebolire lo spirito di squadra e la forza di coesione, ma è necessario per mettere in discussione il lavoro del gruppo e può trasformare il gruppo in una unità altamente funzionante

Per affrontare un conflitto occorre capire se è costruttivo o distruttivo per il gruppo

il conflitto  può esitare:

-in cambiamento e crescita personale dei membri

-in soluzione del problema – alla quale partecipano tutti i membri del gruppo

– in sviluppo della maggior cooperazione e unità tra i membri

o portare  conseguenze come:

– permanenza del problema,

– ostacolo ad altre attività del gruppo

–  indebolimento  della fiducia nel lavoro di gruppo – la squadra si scioglie

Approccio alla soluzione dei conflitti all’interno del gruppo:

rispetto delle opinioni e delle percezioni  dei soggetti coinvolti,

controllo delle reazioni emozionali e comportamentali personali

non coinvolgere gli altri nella propria frustrazione o rabbia

se il problema riguarda un solo membro

subito affrontarlo con ascolto attivo e attenzione.

In caso di disaccordo l’ascolto può aiutare a raggiungere un compromesso, evitando la fuga dal conflitto, che porta a esiti disfunzionali all’interno del gruppo

Tra le competenze necessarie per la risoluzione dei conflitti:

–  prima risorsa è la capacità di comunicazione (una cattiva comunicazione ne  è quasi sempre la causa)

–  capacità di ascolto (senza mantenimento del pensiero sulla propria idea ma con condivisione)

il feedback può aiutare le parti interessati alla risoluzione del conflitto o alla negoziazione.

 

Agorafobia

Il termine agorafobia si riferisce all’ansia o alla paura di trovarsi in luoghi o situazioni da dove sia difficile (o imbarazzante) allontanarsi, oppure dove sia difficile o impossibile ricevere aiuto nel caso in cui si verifichino sintomi quali attacchi di panico. Generalmente, le persone con agorafobia hanno la tendenza a evitare e temere molte situazioni come allontanarsi di casa da soli o andare in luoghi affollati (ad es., andare al cinema o nei centri commerciali dove potrebbe essere imbarazzante uscire in caso di bisogno), essere in ascensore, viaggiare in macchina, prendere mezzi pubblici (ad es. autobus, treni o aerei dove è impossibile uscire o scendere prima di una fermata).

L’entità della paura o dell’ansia esperita può variare in base alla prossimità della situazione temuta e può verificarsi sia durante la reale presenza della situazione agorafobica sia semplicemente nel caso in cui il paziente preveda di trovarsi in tali situazioni in un futuro prossimo. Accade frequentemente che il paziente con agorafobia possa presentare dei veri e propri attacchi di panico quando si trova a vivere una situazione agorafobica.

L’evitamento di tali situazioni può essere di natura comportamentale (ad es., modificare le proprie abitudini quotidiane, non frequentare posti in cui si potrebbero presentare i sintomi) o di natura cognitiva (ad es., utilizzare una distrazione per affrontare la situazione agorafobica). Nei casi più gravi l’evitamento delle situazioni temute può portare il paziente a evitare tutte le situazioni sociali e a passare tutta la giornata in casa.

Si tratta di un problema non trascurabile dal momento che si stima che ogni anno circa l’1,7% degli adolescenti e degli adulti riceve una diagnosi di agorafobia. In genere l’incidenza dell’agorafobia è doppia nelle donne rispetto agli uomini, con un picco di incidenza nella tarda età adolescenziale e nella prima età adulta. Il DSM-IV-TR collegava la diagnosi di agorafobia con il disturbo di panico. Nel DSM-5 le diagnosi di disturbo di panico con agorafobia, disturbo di panico senza agorafobia e agorafobia senza anamnesi di disturbo di panico sono state sostituite da due disturbi separati con definite caratteristiche cliniche: il disturbo di panico e l’agorafobia.

La maggior parte dei pazienti con agorafobia presenta anche altri disturbi mentali in comorbilità. Tra le condizioni psichiatriche più frequentemente associate all’agorafobia vi sono altri disturbi d’ansia (ad es., fobie specifiche, disturbo di panico, disturbo d’ansia sociale), il disturbo depressivo maggiore e i disturbi da abuso di sostanze.

 

Linguaggio ipnotico

Linguaggio ipnotico

L’inconscio

  • non ha la dimensione temporale
  • non riconosce la negazione ( non pensare all’elefante rosa)
  • non consente, in genere, che materiale traumatico rimosso affiori alla coscienza
  • è ricettivo della comunicazione non verbale e di quella verbale a più livelli

Il paziente in trance ipnotica ha una comprensione del linguaggio letterale:

vuoi dirmi quanti anni hai?  Si

non essere troppo dettagliati, ma adattarsi alla cultura del soggetto: ingegnere, medico, letterato, artista, meccanico, commercianti, tassista, casalinga, giovane, anziana,

Occorre quindi usare

– una terminologia: semplice, chiara, univoca,

– evitare parole drammatiche: abbandonare, precipitare,

– non usare termini invasivi ( invadere, rivoluzionare, ecc) o negativi ( fastidio, stringere: che non  gradisci )

–  frasi costruite in positivo:  non troverai difficoltà…ti sarà più facile…

– evitare la lettura del pensiero:… ora ti senti bene, stai rilassandoti

– evitare di usare i verbi all’indicativo, all’imperativo…rilassati, fissa un punto

– essere permissivi:

… se vuoi, quando vuoi, quando ti senti pronto #  quando sei pronto

puoi fare quello che vuoi, desideri, credi opportuno,

lo ritieni utile, vantaggioso, economico ,

quando ti sentirai pronto,      #      sarai

ti permette, ti lascia…fare, dire, sentire…,

eventuali pensieri che ti danno benessere # non ti danno disagio

– disperdere, eliminare, lascia dissolvere, dissipare, allontanare, espellere, buttar fuori, distogliere

# elimina quello che ti da fastidio

sviluppare la trance, indurre la trance            #       cadere in trance, mandare in trance

non essere invasivi: nel tuo corpo, nel tuo profondo

 x risveglio

ritorni al presente, realtà esterna, realtà attuale, qui e ora #   tua realtà, svegliati, risvegliati

subito o entro un minuto,  subito tra un minuto, entro 30 ‘’

per favorire benessere

posizione più…

senso di comodità, di fresco, di caldo

calore, dolcezza, tenerezza, affettuoso, protettivo, al sicuro, forte,

fino in fondo, completamente, totalmente

a lungo,     per tanto tempo, stabilmente,  sempre

comodo confortevole, a tuo agio, rilassato, disteso,

appoggiati, sorretti, sostenuti, accolti

diventa per te elemento amico

dove si apprezza,

nobile, bello, elegante, distinto, signorile, portamento, andatura sicura

puoi cogliere, approfittare, sfruttare, utilizzare, usare vantaggiosamente

armonia, equilibrio, ordine, ogni cosa a posto, al suo posto, chiarezza,

per consentire soggettiva ristrutturazione

benessere, agio, piacere, tranquillo, sereno, felice.

tranquillo, calmo, sereno, riposato,

gonfiare, dilatare, espandere, ingrandire

gusti, preferenze, scelte, alternative

recuperare, immagazzinare, rigenerare, ricaricarsi, ritemprarsi, rimettersi in forma # mettersi in forma

usare bene, utilizzare  # da investire

dare sempre la possibilità al paziente di rispondere alle suggestioni secondo le sue preferenze

mai toccare il paziente, o invadere il suo campo vitale, non fissarlo negli occhi

dare tempo al paziente che si riorienti: nell’esperienza che sta per affrontare

 

 

Storia dell’ipnosi

Storia dell’ipnosi

– L’ipnosi è nota sin dai tempi dell’antichità.

– I sacerdoti dell’antica Grecia e dell’Egitto la usavano per fini religiosi, rafforzando la loro autorità con “miracoli” e guarigioni.

Gli antichi indù, fachiri e gli sciamani dell’Africa centrale riuscivano ad auto ipnotizzarsi contemplando la punta del naso o del proprio ombelico. In questo stato perdevano la sensibilità al dolore o al calore e potevano essere punti o cauterizzati.

– Nel 1700 il medico svizzero Franz Anton Messner, partendo dallo studio dei testi di Paracelso, cominciò ad usare l’ipnosi in seguito alla scoperta che alcuni pazienti selezionati rispondevano in maniera soddisfacente a leggeri colpi sulle braccia e sulle parti sofferenti ed a suggestioni di sonno.

– Attribuì tali risultati al trasferimento sui pazienti di una qualità di “magnetismo minerale ed animale”, elaborando la teoria che in ogni sostanza fosse presente un fluido con proprietà risanatrici e di modificazione dei corpi.

– Se il fluido non circolava bene, quindi, l’uomo si poteva ammalare. La terapia ipnotica di Mesner si avvaleva di magneti/calamite che venivano posizionati su diverse parti del corpo e ristabilivano il fluido originario.

– La comprensione psicologica del fenomeno iniziò nel 1841 con James Braid che dapprima la avversò ma poi ne divenne il più ardente fautore. Fu lui che inventò il termine Ipnotismo e che cercò di stabilirne una validità scientifica.

– Nel 1800, il neurologo Charcot, docente alla scuola della Salpetriere, formulò la teoria sulla genesi dell’ipnosi fondata su una concezione energetica. Considerava l’ipnosi come uno stato nevrotico prodotto sperimentalmente o patologico, inducibile nelle persone isteriche. Agendo sia manualmente su alcune zone cutanee sia mediante l’immaginazione (con soffi d’aria sul volto o fissazione di una fiamma) era possibile riprodurre degli stati isterici come immobilità, chiusura delle palpebre ed insensibilità totale.

– Anche Freud utilizzò l’ipnosi prima di mettere a punto la psicoanalisi. Aveva pensato che si trattasse  di una valida forma di suggestione, ma poi la abbandonò perche, nonostante i suoi modi direttivi, non era riuscito a curare una paziente di cui si era Non aveva ancora scoperto il contro transfer, perciò non capiva che se si è coinvolti emotivamente con il paziente, non si può svolgere il compito terapeutico perche si è condizionati dall’emozione.

– L’evoluzione dell’ipnosi verso la forma in cui è oggi praticata clinicamente, la si deve al medico e psichiatra Milton Erickson (soprannominato Mr. Hypnosis) che utilizzò l’ipnosi in modo  nuovo e creativo fino alla sua morte nel 1980.

– Egli si avvaleva di una serie di rituali standard, basati su un particolare stile comunicativo; osservava i minimi cenni del corpo, adattando ad essi le proprie suggestioni, utilizzava l’individualità del paziente, la sua unicità.

– Era capace di indurre una trance partendo da racconti, ricordi, episodi della sua vita o fatti inconsueti che sembravano non essere collegati per nulla al problema del paziente, che poi veniva congedato senza ricordare nulla di quanto accaduto.

– Scopo della sua ipnosi era quella di accedere al potenziale inconscio ed alla capacità naturale di apprendere del soggetto.

– Nel 1957 in Italia fu praticato il primo intervento di appendicectomia con l’ipnosi e ciò contribuì ad una analisi più scientifica di questo strumento e dei suoi campi di applicazione

(continua)