Psicologia: domande da porsi -1

Psicologia della vita quotidiana: domande da porsi – 1
– Che desideri stai frenando a causa di competenze che ti mancano?
– In quali campi si sente ?
– Guardandosi indietro, cosa le piacerebbe tentare, adesso?
– Quali progetti, idee o ambizione ha frenato perché non si considerava all’altezza?
– Guardando avanti, cosa Le darebbe soddisfazione?
– Cosa vorrebbe dire di aver fatto, tra 10 anni?
– Di cosa si pentirebbe di non aver fatto, provato, se dovesse pensare di morire senza aver fatto qualcosa a cui tiene? Cosa in particolare?
– Cosa vorrebbe poter dire di aver fatto di buono, la prossima settimana?
– Faccia un elenco di idee o di progetti, anche ambiziosi, che le darebbero gratificazione, sogni ad occhi aperti per un po’!
– Se dovesse pensare ad una Sua giornata ideale, come sarebbe?
– In un anno ideale, cosa farebbe?
– Quanto è lontano, adesso, da… : sentirsi bene, sentirsi felice, sentirsi gratificato, sentirsi fiero di sé, aver raggiunto i propri obiettivi? e perché?

Essere genitori – 1

INSEGNARE  AD ESPRIMERE LE EMOZIONI
– Ogni genitore nel cercare di crescere al meglio il suo bambino segue il proprio manuale del bravo genitore, manuale che nasce e si struttura dalla sua storia, dal ricordo, inconscio o conscio, della propria esperienza dell’essere stato figlio e dalle vicissitudini, piacevoli e non, che la vita gli pone davanti.
– Troppo spesso tuttavia viene omesso o attribuita secondaria importanza ad un aspetto fondamentale: insegnare al figlio a gestire ed esprimere le emozioni.
– Generalmente, guardando un bambino, colpisce la sua spontaneità nel sorridere, piangere o rattristarsi quando qualcosa non va. Ma quella che percepiamo come una capacità innata, è frutto di un apprendimento che si impara nella relazione con le figure significative, in particolare con il papà e con la mamma.
– Inconsapevolmente i genitori potrebbero proiettare sul bambino le proprie emozioni e visioni del mondo, ponendo le basi di una relazione dove si possono esprimere e mostrare solo alcuni sentimenti ed emozioni, quelle piacevoli. Il bambino impara così ad affrontare da solo le emozioni più dolorose e difficili, senza chiedere aiuto al genitore, educatore che dovrebbe essere il protagonista attivo nella sua vita. Il piccolo arriva a questa soluzione dopo tentativi falliti di aprirsi con l’adulto, forse perché ha percepito nel suo contesto di vita persone emotivamente cieche, o forse perché queste persone erano come imprigionate nelle vicissitudini del presente o del passato che faticavano a percepire i bisogni emotivi del figlio, o forse perché voleva proteggere queste persone dal timore di farle caricare di un peso eccessivo.
– Ma per quanto un bambino tenti di contenere o ignorare dentro di sé queste emozioni mostrandosi allegro, felice e simpatico, il suo mondo interiore si popola di emozioni che con il tempo possono diventare più grandi e più forti, che possono infondere una sensazione di solitudine e irrompere nella quotidianità attraverso comportamenti disfunzionali che apparentemente possono sembrare inspiegabili.
– Dunque, ogni genitore ha il dovere di stimolare il bambino ad esprimere le proprie emozioni, allenandosi prima con sé stesso, e poi cercando di insegnare questa competenza.
– Ma allenarsi non è affatto semplice, poiché comporta mettere in discussione ogni parte di sé, del presente e del passato, tirando fuori anche emozioni che sono rimaste imprigionate in noi per anni. E solo quando ci sentiamo emotivamente pronti possiamo accostarci a nostro figlio con empatia, tentando di fargli esprimere il suo mondo interiore, attraverso le parole, le domande, i disegni, il gioco. Il bambino percepisce la nostra emotività e solo una relazione basata sulla fiducia, accoglienza ed empatia può permettergli di superare i suoi timori ed esprimere le emozioni che tiene nascoste dentro di lui.

 

Comunicazione nelle aziende 3: Leadership

Il leader del gruppo
– è capace di determinare consensi volontari tra i membri, motivazione soggettive negli obiettivi. Nella grandi aziende possono coesistere più leader con mansioni diverse, in quanto essere leader implica interazione con il gruppo . Deve possedere  competenze e comportamento adattabile, perseverante, cooperativo e avere fiducia e spirito di iniziativa. Il Leader vigila e favorisce che emergano le individuali capacità senza che qualcuno sminuisca quelle degli altri. Leader è colui che sa mettersi in discussione ed è elastico in cambiare direzione se la strategia intrapresa si dimostra inefficace.
Stili di leadership
– autocratico: parziale distacco dal gruppo,
– democratico: ogni membro partecipa ad attività e decisioni, non vengono inibiti i contatti tra i membri,
– permissivo:  lascia  che il gruppo sia libero ed autonomo nelle attività
– supportivo: il leader ascolta, incoraggia, favorisce il coinvolgimento, aiuta la coesione del gruppo e sostiene individualmente
– direttivo: orientato alla produttività: spiega cosa, come, quando operare.
Strategie comportamentali
– Auto obbiettivi: aiutare i membri a definire gli obiettivi (concreti, misurabili e compatibile con la realtà  degli altri) in maniera autonoma
– stimolante: indica  la direzione dell’azione,
– prove generali: creare sperimentazioni, esercitazioni prima dell’evento importante (nuovo cliente, ecc)
– auto osservazione: revisione degli elementi o circostanze che hanno portato al risultato ( successo o  insuccesso).
Strategie cognitive
– ricompensa improvvisa, non programmata, aumenta la motivazione e la percezione soggettiva di competenza, autocontrollo e rilevanza personale
– creare  rappresentazioni mentali positive e di sfide future
– aiutare la consapevolezza dei pensieri negativi  e trasformarli in positivi,
– fornire supporto psicologico per la comunicazione aziendale e la consapevolezza delle  reazioni emotive e  comportamentali caratteriali, che indubbiamente rendono difficile le relazioni professionali nel gruppo.
Gestione dei conflitti
il conflitto costituisce un elemento delicato nel portare avanti il lavoro di gruppo o individuale, si creano a seguito di:
– malinteso: scarsa efficacia dei processi comunicativi
– divergenza di opinioni: sono soluzioni o punti di vista divergenti in su un evento, l’accordo sarà irraggiungibile
– incompatibilità caratteriale: attitudine alla sopraffazione o alla polemica, scarsa o nulla cooperazione tendenza ad evitare o allentare le tensioni che si creano, intolleranza
– confusione tra conflitto e disaccordo:
– Disaccordo  è una divergenza di opinione che il Leader dovrebbe risolvere. La discussione può portare ad uno scontro di opinioni che può interrompere il lavoro del gruppo, facendolo sentire minacciato.
Conflitto, se non adeguatamente affrontato, può indebolire lo spirito di squadre e la forza di coesione, ma  il Leader può utilizzarlo per mettere in discussione il lavoro del gruppo e può trasformare il gruppo in una unità altamente funzionante, comprendendo se potrebbe essere  costruttivo o distruttivo per il gruppo.
– il conflitto  può esitare:
-in cambiamento e crescita personale dei membri
-in soluzione del problema – alla quale partecipano tutti i membri del gruppo
– in sviluppo della maggior cooperazione e unità tra i membri
– o portare  conseguenze come:
– permanenza del problema,
– ostacolo ad altre attività del gruppo
–  indebolimento  della fiducia nel lavoro di gruppo, scioglimento della squadra.
Approccio alla soluzione dei conflitti all’interno del gruppo:
– rispetto delle opinioni e delle percezioni  dei soggetti coinvolti
– controllo delle reazioni emozionali e comportamentali personali
– evitare di coinvolgere gli altri nella propria frustrazione o rabbia
– capacità di comunicazione: una cattiva comunicazione, che spesso è la causa di disaccordo, porta a esiti disfunzionali all’interno del gruppo
– capacità di ascolto, senza mantenimento del pensiero sulla propria idea,  può aiutare a raggiungere un  compromesso, evitando la fuga dal conflitto,
– il feedback, la considerazione delle risposte alla propria comunicazione,  aiuta le parti interessate alla  risoluzione del conflitto o alla negoziazione.

Comunicazione nelle aziende 2: Gruppo

Gruppo
– È formato da persone che condividono un obiettivo finale, anche con ruoli indipendenti e autonomi.
– L’uomo è un essere sociale, fin dalla nascita interagisce con l’ambiente, quindi fondamentalmente è un essere socievole.
– L’appartenenza ad un gruppo comporta senso di protezione e sicurezza reciproca, condivisione, identificazione di appartenenza in una comunità che tende ad isolare il singolo, quindi aumenta la stima di sé e il sentimento di accettazione che lega il gruppo.
– Un proverbio cinese dice:  nessuno di noi è intelligente come tutti noi insieme, per contro  l’appartenenza ad un gruppo può mobilitare le dinamiche soggettive inconsce che sono all’origine del senso di minaccia e di sopraffazione, che possono essere percepite, all’interno del gruppo, come timore che la propria identità e individualità possa, in qualche modo, perdersi all’interno del gruppo.
– Nel gruppo si possono sviluppare difese e resistenze, per il malinteso senso di perdita di qualcosa di se, senza la visione del vantaggio che il singolo riceve.
– Trovare un equilibrio tra queste due esigenze, che non sono in fondo contrastanti ma complementari una all’altra, oltre a sviluppare un sano e forte senso di appartenenza, consegue un aumento di benessere, quindi il gruppo è una struttura dinamica  tra i bisogni individuali e la realtà oggettiva, che essendo una realtà sociale è caratterizzata da norme, regole, ruoli.
– La formazione e il mantenimento di un Gruppo quindi, comporta l’attivazione di dinamiche più o meno consce, spesso complesse da gestire.
Difese
– accoppiamento o individualismo a scapito della collaborazione e l’intento di intesa
– fuga nel passato, quando si focalizza l’attenzione a episodi, anziché alla possibilità presente,   quando un membro discute su argomenti che non riguardano il gruppo , fantasie anticipatorie,
– confusione di ruolo, la tendenza di qualcuno a condurre il gruppo senza esplicita richiesta
– provocazione protettiva, richiesta continua di aiuto per bloccare lo sviluppo del gruppo
– formazione di sottogruppi, presenza di conflitto tra sottogruppi identificabili
– personalizzazione dei conflitti, decisione di trattare i conflitti personali separatamente dal gruppo
– rallentamento  del processo di formazione all’interno e mantenimento dell’equilibrio nel gruppo
– silenzio , autoesclusione
– improvvise confidenze
– risonanza: tendenza a seguire i problemi di qualcun altro
– transfer: trasferimento sul gruppo di esperienze precedenti o estranee.
Fenomeni del gruppo
– i membri si rispecchiano l’un l’altro
– il gruppo si esprime con il Noi
– i membri espongono e reagiscono alle associazioni mentali del gruppo
– è irrilevante chi è che propone qualcosa mentre è fondamentale il contenuto proposto
– feedback
– l’equilibrio interno del gruppo viene considerata una conquista da preservare
– la tendenza a trovare un capro espiatorio, se tale tendenza diminuisce, dissipa
– il rischio di mobbing
– accettazione delle differenze, delle diversità e ricerca della coesione
Esistono diversi tipi di gruppo:
– secondo funzioni, coordinate a un unico obiettivo lavorativo
– secondo visione del mondo: animalisti, volontari, mission
– gruppo autogestito: i membri hanno ruoli stabiliti, le decisioni si basano sul consenso, le competenze riguardano l’obiettivo, il leader è scelto dal gruppo. Es associazioni sociali Lions, Rotary
– gruppo a progetto, i membri  hanno competenze specifiche ed interdisciplinari anche se provengono da altri gruppi di lavoro. Il leader è indicato dalla direzione
– gruppo problem solving, si costituisce per la risoluzione di questioni specifiche, quindi è considerato un gruppo temporaneo. Il leader è scelto o assegnato esternamente.
– Nel gruppo occorre occuparsi dei propri compiti e di quelli altrui, quando il risultato è conseguente a suddivisioni del processo operativo,ogni menbro è coinvolto nel fornire informazioni quando vengono richieste, chiarire, riassumere, valutare e occuparsi del  processo generale anche se si è coinvolti solo parzialmente , rispettare i bisogni emotivi degli altri: dare supporto, incoraggiamento, mediare, stimolare  e di sollecitare altri punti di vista.
Fasi di formazione del gruppo
forming: definizione dei ruoli  individuali o complementari dei  membri, degli obiettivi comuni, dei ruoli assegnati per ognuno e delle attività da eseguire
– storming: è la fase di conflitti tra i membri, (dovuti a dinamiche di resistenza al gruppo che poi si trasformeranno in accettazione e condivisione del gruppo, caratterizzato dalla fiducia reciproca)
– norming: la stabilizzazione del gruppo dove ogni membro è pronto a chiedere e a dare aiuto
– performing: fase di produttività del gruppo
– Nel  gruppo di lavoro le persone sono differenti per competenze e personalità ma i membri imparano a completarsi a vicenda per il bene comune del gruppo.
– Nel gruppo è importante che ogni membro senta di essere importante per il raggiungimento di un obiettivo
Nella definizione dei ruoli, va considerato:
– il livello di abilità tecnica
– il livello di abilità nei rapporti interpersonali
– I ruoli possono essere definiti in base alle caratteristiche personali, competenze, capacità di concentrarsi sull’obiettivo,  sui rapporti interpersonali all’interno del gruppo.
– Il lavoro di squadra può essere visto in 4 fasi in cui vengono assegnati 2 ruoli secondo i seguente schema:
1-  fase: Iniziazione
– Il realizzatore: trasforma i progetti in piani concreti di lavoro, possiede capacità organizzative, senso pratico, insensibilità,  idee non sperimentate
– coordinatore: controlla come il gruppo si muove verso gli obiettivi, accoglie qualsiasi contributo senza pregiudizio, è fortemente orientato agli obiettivi
2 – fase Ideazione
– Il modellatore: guida gli sforzi del gruppo,  affronta l’inerzia e l’inefficacia
ideatore: suggerisce nuove idee, non accetta interferenze
3- Elaborazione
L’esaminatore delle risorse: esplora le idee e le riferisce, crea contatti esterni utili, è capace di rispondere alle sfide
Il valutatore: analizza i problemi, valuta le idee e le proposte più efficaci per il gruppo, sa motivare gli altri
4- fase Conclusione
– Il collaboratore: incoraggia lo spirito di squadra, è capace di affrontare e rispondere a persone e situazioni
– L’integratore: mantiene il senso di urgenze nella squadra, è perfezionista e tenace.

 

Comunicazione nelle aziende – 1

Comunicazione nel lavoro aziendale.
– Negli anni 20 Harthorne studia il fenomeno di aggregazione e costituzione del gruppo nel lavoro, con una serie di ricerche su gruppi di lavoratori .
– Gli studi evidenziarono che l’interazione  tra lavoratori aumentava anche il senso di identità di gruppo e di coesione e sostegno sociale. Negli  anni ’30 nasce la psicologia del lavoro e si iniziarono a definire alcuni elementi essenziali nel funzionamento di un buon gruppo di lavoro.
– il responsabile:
– deve avere interesse personale nella realizzazione di ciascun individuo
– deve essere orgoglioso del risultato del gruppo
– deve aiutare il gruppo a lavorare insieme
– deve continuamente dare feedback sule prestazioni
– il gruppo:
deve essere orgoglioso dei propri risultati e dell’interessamento degli esterni
– non deve percepire di essere stato spinto a cambiare
– va sempre consultato prima di apportare modifiche
– deve sviluppare un senso di fiducia
– Il gruppo va formato quando è necessario che le persone lavorino insieme in uno sforzo coordinato per ottenere uno specifico risultato, il gruppo deve diventare efficace ed efficiente.
– Efficace: definire obiettivi e strategie  e priorità con precisione
– Efficiente: svolgere con velocità e precisione le attività quotidiane e rispondere ad eventuali ostacoli o imprevisti in maniera adeguata. E’ fondamentale acquisire alcune abilità di base che servono per concentrarsi sul presente al fine di ottimizzare tempi ed energia.
Dal punto di vista dell’efficacia:
– il team deve essere allineato sull’obiettivo a lungo termine, obiettivo specifico e misurabile e rappresenta un fattore importantissimo per motivare il team.  L’obiettivo deve essere concreto e raggiungibile dalle risorse a disposizione in termini di competenze, mezzi, persone.
– Il team deve essere ben bilanciato con ruoli definiti: ogni componente deve sapere senza ambiguità cosa è chiamato a fare e di cosa è responsabile. I ruoli devono essere conosciuti e riconosciuti, così che ogni membro si senta valorizzato e spinto a conservare la propria individualità e il riconoscimento dei diversi ruoli è percepito come necessario e indispensabile. La coesione e lo spirito di squadra consente al gruppo di lavorare come una unica entità condividendo obiettivi a lungo termine, sostegno reciproco, senso di appartenenza. E’ importante imparare ad affrontare discussioni e conflitti per cui è importante mantenere un clima sereno e rilassato, amichevole, che tenga su il morale all’interno della squadra affinché non si scoraggi di fronte al mancato raggiungimento di obiettivi intermedi e questo si ottiene mediante riunioni. Schema di base delle riunioni: definizione del contratto di lavoro, identificazione dei turni di parola, definizione dei tempi e ordine del giorno, argomenti e materiale da distribuire, presentazione dell’obiettivo, proposta e punto della situazione. Quello che conta è che ogni membro del gruppo abbia chiaro l’obiettivo della riunione.
– Il metodo di lavoro rappresenta l’insieme di norme che regolano la vita all’interno del gruppo e l’insieme di procedure ed aree per lo sviluppo del percorso produttivo. Definire in anticipo lo stile con cui si vuole condurre il gruppo.
Dal punto di vista dell’efficienza:
– Il gruppo deve avere tecniche di gestione dei conflitti e adeguata comunicazione inter relazionale, tutti i membri devono mirare al raggiungimento dell’obiettivo; ne scaturisce: determinazione, contributo, dare il meglio  di sé.
– Secondo Goleman ( studioso della Intelligenza Emotiva) i membri devono avere i seguenti requisiti:
– sapere imparare sul lavoro
– saper ascoltare e comunicare con consapevolezza ed empatia
– adattarsi e reagire in modo creativo a insuccessi e ostacoli
– possedere controllo di sé, fiducia e motivazione
– sentirsi auto gratificati per i risultati raggiunti
– essere efficaci nelle relazioni interpersonali ed abili, in caso di disaccordo, nel saper negoziare senza coinvolgere la propria persona nel risultato
– saper organizzare e desiderare di dare il proprio contributo e di sviluppare le potenzialità per assumere più responsabilità nel settore.
– Un  gruppo affiatato passa dalla logica centrata sul singolo  a una logica comune e condivisa per  realizzare l’obiettivo.

 

Codificazione del cervello

IL CERVELLO CODIFICA DUE DIVERSI TIPI DI PAURA-
Il cervello umano ha ben due ‘centri della paura’, e distingue due tipi di sensazioni paurose: quella scatenata da stimoli visivi e acustici esterni, e il panico, una paura molto più intensa e primitiva che fa capo ad aree neurali distinte. Resa nota sulla rivista Nature Neuroscience, la scoperta si deve a John Wemmie della University of Lowa.
– L’area cerebrale della paura è da anni collegata all’amigdala, che si attiva in risposta a stimoli esterni e prontamente manda il segnale di allarme ad altre aree neurali che preparano il corpo a reagire, di solito con la fuga o con l’attacco.
– Tante patologie sono legate a disfunzioni dei meccanismi ‘salvavita’ della paura: ad esempio la sindrome da stress post-traumatico, in cui è come se il pulsante della paura fosse sempre ‘on’, anche quando non c’è nulla da temere, oppure gli attacchi di panico. In questo caso, gli esperti hanno studiato ‘SM’, la donna senza paura (da anni protagonista delle loro ricerche) e altri pazienti simili: SM e altri pazienti hanno un danno all’amigdala e quindi non provano paura. Eppure quando i ricercatori hanno fatto respirare loro un mix contenente CO2, una immediata sensazione di panico è insorta.
– SM ha provato paura per la prima volta e gli esperti hanno scoperto che quelle sensazioni di panico scatenate nella donna venivano dal profondo del cervello, da zone come il tronco encefalico. Lo stesso test del gas è stato ripetuto su 12 soggetti sani, ma solo tre di loro hanno provato analoghe sensazioni di panico.
– I neurologi hanno dunque dedotto che c’è una paura più profonda e intensa dettata da stimoli interni, e l’amigdala potrebbe sopprimere questa paura primitiva nei soggetti sani.

 

Ipnosi clinica in medicina e chirurgia

Ipnosi in Odontoiatria, in andrologia ginecologia, in dermatologia, in medicina, in cardiologia, in chirurgia.
Ipnosi in Odontoiatria
Psicologia, medicina e odontoiatria sono state le prime professioni ad individuare le possibilità di applicazione clinica, quando non c’era ancora il supporto dell’anestesia.
– La prestazione odontoiatrica, per il suo carattere intrusivo, per il mito fobico tramandato dal passato e dal presente, per i motivi di consultazione, generalmente dolorosi, storicamente è a qualunque età tra le più ansiogene.
-L’ipnosi è sempre stata vista come una possibilità di intervento analgesico e ansiolitico ed è stata ricercata in tutte le epoche . Nell’era scientifica, che convenzionalmente si fa risalire al 1778 con le pubblicazioni di Mesmer, si sono formalizzati interventi di consulenza odontoiatrica e di operatività diretta da parte del dentista.
– Dalla prima estrazione dentale documentata, nel 1839 da Jean Victor Duder, ci sono stati numerosi casi eclatanti, come asportazione di una emimandibola affetta da tumore.
Ipnosi in andrologia ginecologia
Il sistema nervoso è estremamente sensibile all’Ipnosi, questo spiega l’efficacia antalgica e la sua azione su argani ed apparati, mediata da ormoni e neurotrasmettitori. Si comprende quindi che l’effetto dell’Ipnosi va oltre i risultati psichici arrivando ai sintomi e segni fisici, come nei disturbi da eiaculazione precoce.
– In ginecologia si può intervenire efficacemente nei casi di preeclampsia, di dismenorrea, di pseudiciesi o falsa gravidanza, in cui scompare la mestruazione e insorgono tutti i sintomi del I trimestre, perfino il vomito mattutino e l’aumento del volume dell’addome. L’ipnosi è utile anche nell’infertilità psicogena come nel vaginismo. L’uso più ricorrente è l’autogestione del parto indolore mediante l’ipnosi.
Ipnosi in dermatologia
Lo stress, intenso o prolungato, crea in soggetti predisposti, alopecia areata, che trova nell’ipnosi un supporto adeguato, sostituendosi a cure farmacologiche, spesso controindicate per altri disturbi concomitanti. Il prurito sine materiae di difficile risoluzione si risolve con l’ipnosi. Le verruche virali, possono essiccarsi e cadere dopo alcune sedute di ipnosi. In letteratura vengono presentati casi di ittiosi le cui macchie si dissolvono col trattamento ipnotico.
Ipnosi in medicina
Il medico si pone spesso il calcolo costo-beneficio, intendendo quanto danno il farmaco può provocare rispetto al vantaggio per cui si prescriverebbe, e in certi casi complessi per la comorbidità di patologie gravi e l’età del paziente, la terapia ideale risulterebbe controindicata.
– In questi casi estremi si dà valore all’ipnosi che, senza arrivare a questi estremi, in qualsiasi circostanza può essere utile, se non in ionoterapia, in terapia combinata con minimi dosaggi di farmaci. Tanti sono i casi: trattamento con anticoagulanti, dolore cronico, nefropatie, epatopatie e soprattutto cardiopatie e ipertensione.
Ipnosi in Cardiologia
Nella prevenzione e nella riabilitazione di pazienti con disturbi cardiovascolari è indicata l’Ipnosi come terapia di sostegno, come psicoterapia, come supporto al trattamento farmacologico favorendone la riduzione del dosaggio e nelle comorbidità, con effetto ansiolitico, antalgico, ipotensivo, bradi-tachicardico
Ipnosi in Chirurgia
Uno dei problemi più comuni dalla diagnosi alla guarigione,  per quasi tutte le persone, è la diagnosi, la preparazione, la degenza. Una ragione è atavica: la salvaguardia della integrità fisica, l’istintivo rifiuto a subire manomissioni fisiche.
– Oggi si è abbastanza all’altezza di capire cosa sia un intervento chirurgico, addirittura in alcuni campi, spesso senza un reale bisogno di salute, vengono richiesti interventi chirurgici, per esempio in campo estetico. Eppure al momento dell’anestesia che ci fa perdere il contatto con l’ambiente, e il controllo, sorge ansia, paura, agitazione, affrontate con utili sedativi. Ma nei soggetti particolarmente sensibili alle reazioni dell’ansia, posso  insorgere traumi psicologici che interferiscono con la guarigione.
– L’Ipnosi viene usata, non solo per facilitare la preanestesia, ma come coadiuvante alla anestesia chimica, consentendo riduzione dei dosaggi abituali. È stato oggetto di ricerca l’effetto dell’Ipnosi sulla guarigione dei tessuti e si è costatato una significativa riduzione del tempo di cicatrizzazione.

 

Ipnosi clinica in cardiologia

– Nella prevenzione e nella riabilitazione di pazienti con disturbi cardiovascolari è indicata l’Ipnosi come terapia di sostegno, come psicoterapia, come supporto al trattamento farmacologico, per l’effetto ansiolitico, antalgico,  ipotensivo, bradi-tachicardico.
– L’eventuale influenza dello stile di vita, delle abitudini, della reattività, del dinamismo, sulla sullo stato di salute cardiaca, è stato oggetto di attenzione, particolarmente degli studiosi Thereson e Powel, che attribuivano al modello comportamentale di tipo A, la responsabilità di insorgenza ed aggravamento di patologie cardiache, tra cui l’infarto. L’Ipnosi interviene a livello  psicologico, particolarmente  su alcune caratteristiche tra cui:
– Le relazioni professionali, familiari disadattive
– Le abitudini voluttuarie
– Lo stress e l’emotività
– Il ritmo quotidiano
– La qualità di vita
– L’alimentazione
– La sedentarietà
– Inoltre, può ridurre l’ansia, la suscettibilità allo stress e prevenire l’insorgenza o l’aggravamento di patologie cardiache.

– L’ipnosi viene praticata in Studi Specialistici ed è una prestazione elargibile dal SSN negli Ospedali accreditati, con impegnativa del medico per:
– Ipnoterapia – Ipnosi – Ipnosi per analgesia

Plagio in medicina

– Plagio in medicina: la ipnosi non può modificare i principi morali del soggetto.
– …la Corte Costituzionale con sentenza 8.6.81 N° 96 dichiara la illegittimità della norma che configurava il delitto di Plagio…
– L’ipnosi è una tecnica medica usata in psicoterapia, in clinica medica, come supporto ad altre discipline specialistiche e come trattamento monoterapico.
– Sono stati studiati i correlati neurofisiologici della trance, come il metabolismo cerebrale, l’attività Orto e Parasimpatica ed altro.
– L’operatore sanitario abilitato: medico chirurgo,  psicoterapeuta, viene rigorosamente preparato in vari tipi di scuole.  In Italia, l’A.M.I.S.I (Associazione Medica Italiana per lo Studio dell’Ipnosi) a Milano, è sede della Scuola Europea di Psicoterapia Ipnotica, riconosciuta dal MURST  – ora MIUR ( DM. 20 03 1998) ed è la prima scuola di Ipnosi in Italia.
– L’Ipnosi è un mezzo terapeutico ad ampio ventaglio di intervento. Efficace, veloce, con scarsi limiti d’intervento. Senza effetti collaterali (se non iatrogeni).
– In medicina interna può essere trattamento di prima scelta, come sintomatico o come terapeutico:
– ansia
– insonnia
– iperattività
– aggressività
– somatizzazione
– tabagismo, potus
– disturbi alimentari
– analgesia, preanestesia
– ansia pre-post chirurgica
– La prestazione viene erogata privatamente e tramite il SSN nelle Regioni accreditate (Abruzzo non ancora).

 

Cenni su ipnosi

Ipnosi clinica ed EMDR
– La psicoterapia non è la terapia dei “matti”, come ancora molti pensano, ma una specializzazione alla quale possono accedere i medici e gli psicologi, per curare disagi e patologie dell’Uomo, che lo coinvolgono nelle relazioni sociali, professionali, sentimentali, nel rapporto con sé stesso e nella crescita armoniosa dell’età cronologica, biologica e psicologica e sociale.
– La psicoterapia mira al recupero del benessere psichico, anche fisico, quando il corpo ne è coinvolto o è la causa dei disturbi come nella depressione a causa dell’ipotiroidismo o di qualche parziale o totale invalidità.
– La mente e il corpo interagiscono in un’integrazione indissolubile. Infatti un disagio psichico può esprimersi con sintomi fisici, spesso gli stessi di qualche patologia organica, come l’Ansia che può favorire la insorgenza di acidità gastrica, ulcera gastroduodenale, colon irritabile e disturbi organici, come il diabete, l’ipotiroidismo, possono manifestare sintomi psichici come depressione o astenia.
– L’ipnosi è considerata da molti una ciarlataneria, anche per l’utilizzo cinematografico o dai maghi da palcoscenico. Invece è la prima forma di psicoterapia, è n nella preistoria. Da sempre una mamma ha saputo rassicurare e tranquillizzare il suo bambino spaventato.
– L’Ipnosi è stata ed è molto studiata, tanto da generare altre discipline, come la PNL (programmazione neuro linguistica).
– Quando S. Freud, medico, si interessava della sfera psichica e osservava il suo Maestro, esperto di ipnosi a quell’epoca, volle seguire  il suo metodo coi propri pazienti ma, non avendo una piena conoscenza dell’inconscio, quando si innamorò di una sua paziente (la Signorina O), scoprì il Controtransfer che inficiava i suoi sforzi terapeutici e abbandonò l’Ipnosi.
– Infatti l’Ipnosi è un processo dinamico, che richiede attenzione e rispetto della psiche del paziente, che all’epoca si stava iniziando a conoscere e a definire. Oggi si conosce l’interazione mente-corpo, si sa risalire all’origine dei sintomi e segni, mentali o fisici, e si sanno evitare gli effetti iatrogeni (quelli causati dall’operatore, per incompetenza o imprudenza).
– Il processo ipnotico si differenzia dagli altri orientamenti psicoterapeutici per la induzione della trance che il paziente impara prontamente a sviluppare, perché  la trance è un fenomeno spontaneo e fisiologico. La trance è una particolare modificazione fisiologica della coscienza ordinaria che avviene quotidianamente, spesso definita distrazione o amnesia, come quando si va in una stanza per prendere una cosa e ci si dimentica quale. L’obiettivo terapeutico è comune a tutti gli orientamenti psicoterapeutici: psicoanalisi, cognitivo comportamentale, dinamica, ed altri, ma la Trance fa la differenza perché è come una autostrada diretta all’inconscio del paziente. Per questo motivo bisogna essere molto preparati, iniziando con una specializzazione post universitaria alla quale accedono medici e psicologi.
– In traumi di massa: terremoti, atti terroristici, cataclismi, incidenti aerei, navali, ferroviari, e traumi psicologici singoli, l’EMDR è il metodo preferibile perché è risolutivo del PTSD (Disturbo Post Traumatico da Stress), è più indicato per grandi numeri di soggetti coinvolti . Oggi viene anche usato in casi di traumi individuali: lutti improvvisi, diagnosi infauste, separazione, pensionamenti e per molte altre patologie mentali.
-L’EMDR è una metodo americano che si è rivelato fondamentale nel trattamento del PTSD dei veterani del Vietnam, da allora si è diffuso in tutti i continenti.
– L’acronimo   significa: desensibilizzazione e rielaborazione attraverso il movimento oculare.